LA SCRITTURA NELLA SABINA TIBERINA SETTENTRIONALE NEL VII SECOLO A. C.

Le iscrizioni sabine, databili nell’ambito della seconda metà del VII secolo-inizi del VI secolo a. C. provenienti dai siti di Magliano Sabina e Poggio Sommavilla, utilizzano un tipo di alfabeto molto raffinato che fa presumere che l’uso della scrittura fosse molto più comune di quanto appaia da queste poche testimonianze arrivate sino a noi.

Da una tomba infantile scavata alla fine dell’ottocento a Poggio Sommavilla proviene una fiaschetta miniaturistica, oggi a Boston, mentre da una tomba della necropoli di Colle del Giglio proviene a Magliano Sabino proviene un’olla.

La più antica testimonianza del sistema grafico sabino è peraltro rappresentata dall’iscrizione di un vaso, conservato al museo universitario di Uppsala. Comprato sul mercato antiquario, la sua provenienza non è certa ma probabilmente ascrivibile ad un’area geografica compresa tra Otricoli e Magliano Sabina.

L’origine dell’alfabeto sabino deve porsi certamente nella valle tiberina perché il modello al quale si ispira è quello dell’alfabeto greco-euboico, utilizzato anche dagli Etruschi.

Questo alfabeto fu adattato dai Sabini in modo da adattare la scrittura greca alla diversa fonetica della loro lingua trasformando il significato di alcuni segni e di aggiungendo alla sequenza un nuovo segno.

IL CIPPO DI CURES

Il cippo di Cures è l’unica testimonianza epigrafica della serie delle iscrizioni paleo sabelliche proveniente dalla Sabina ed è redatto in un  alfabeto con alcune varianti nell’adozione di alcune lettere rispetto a quello testimoniato nelle altre iscrizioni. Il testo del cippo è costituito da due linee di scrittura sinistrorsa che vanno a capo. Nessuna iscrizione paleo sabellica ritrovata ha testimoniato l’uso di andare a capo. Tutte le iscrizioni sono bustrofediche, pseudo bustrofediche o serpentiformi, in ogni caso si rispetta sempre il principio che il flusso del testo non deve essere mai interrotto. È questa una tipica convenzione arcaica legata all’idea di recitare il testo scritto, e questo uso si ritrova in tutte le iscrizioni, in tutte le lingue dell’Italia centrale. L’andata a capo in corso di testo rappresenta una  vera e propria rivoluzione logica del testo scritto. Alla fine del VI secolo in Etruria meridionale alle forme epigrafiche di antica tradizione si affiancarono nuovi tipi di iscrizioni di carattere importante, spesso monumentale e tutte a destinazione sacra, probabilmente da riportare alle nuove esigenze dei santuari dell’Etruria tardo arcaica. È importante sottolineare che solo il cippo di Cures, unica iscrizione della serie paleo sabellica sinora nota sul versante tirrenico, recepisca questa innovazione rivoluzionaria, proveniente dal mondo etrusco, in contrapposizione con le iscrizioni dell’area appenninica e adriatica che seguitano a conservare il ductus continuo.

Museo Archeologico Nazionale d’Abruzzo
Stele con iscrizione in sabellico da Penna Sant’Andrea

LE ISCRIZIONI PALEO SABELLICHE

Con questo termine si definiscono un gruppo di iscrizioni, databili tra il VI ed il III secolo a. C. provenienti da un’area compresa tra il corso dei fiumi Chienti a nord e Sangro a sud, e delimitata ad ovest dagli Appennini e ad est dalla costa adriatica.  Sono da riferire allo stesso corpus il cippo di Cures da Fara in Sabina e due elmi iscritti provenienti da Bologna e da Canosa.  Attualmente sono note 23 iscrizioni: quasi tutte sono apposte su materiale lapideo – stele, cippi aniconici, stele a profilo antropomorfo, stele ad erme con figurazioni, una statua stele monumentale “ il Guerriero di Capestrano”. Fanno eccezione quattro casi il cui supporto è costituito da una pisside fittile dalla necropoli di  Campovalano, due elmi bronzei ed un bracciale. La lingua documentata dalle iscrizioni paleosabelliche  potrebbe essere definita sabina, se questo non risultasse riduttivo nei confronti dei dialetti dei Marsi, Vestini, Paeligni, Marrucini, Picentes che ne rappresentano il naturale sviluppo nei rispettivi ambiti territoriali. Queste iscrizioni utilizzano due alfabeti leggermente diversi, che hanno una distribuzione areale ben precisa, e che si distinguono grazie a due varianti grafiche che ricorrono sempre accoppiate tra di loro. C’è un alfabeto settentrionale, che copre l’area che in età romana sarà la regio V, cioè le Marche meridionali e la provincia di Teramo: area dove erano insediati i Piceni e i Pretruzi ed uno meridionale, che è usato in tutto l’Abruzzo.  Comunque  si ritiene probabile che quella evoluzione della scrittura sabina dalla quale deriva la scrittura “ paleosabellica” dovette avvenire nel corso del VI secolo a. C. nella stessa Sabina.