DAL 2001 NELLO STORICO PALAZZO BRANCALEONI
Il Museo Civico Archeologico di Fara in Sabina (MUSAF) è stato inaugurato nel 2001 nello storico Palazzo Brancaleoni, edificio di epoca rinascimentale, situato nella piazza del Duomo del centro storico di Fara Sabina.
Della famiglia Brancaleoni si ricorda per la prima volta il nobile Andrea Brancaleonis de Romania nel 1257; nipote del potente cardinale Leone che con Innocenzo III ottenne innumerevoli privilegi per la famiglia, la quale divenne proprietaria di numerosi beni sia in Sabina che in quella parte del distretto di Roma denominata Romania tra i secoli XII e XIV.
Del patrimonio della famiglia facevano parte anzitutto Ginestra e Monteleone Sabino che ne divenne nei secoli XIV e XV la principale residenza.
L’antica fedeltà dei Brancaleoni alla Santa Sede e alla fazione guelfa richiamò nel 1265 anche l’attenzione del nuovo re di Sicilia Carlo d’Angiò. In occasione del suo tentativo di bloccare l’offensiva di Manfredi contro Roma, con la costituzione di posti fortificati tra Arsoli e Farfa, Andrea Brancaleoni e il fratello Oddone, potenti feudatari della zona, furono nominati nel 1265 da re Carlo vicari e capitani del giustizierato di Abruzzo.
Non è noto a quale dei numerosi rami della famiglia Brancaleoni sia appartenuto l’edificio attuale, di forme rinascimentali ma frutto dell’accorpamento di alcune case torri risalenti alla seconda metà del XIII secolo.
Della fase rinascimentale l’edificio conserva intatta la facciata della prima metà del ‘400, mentre gli interni sono stati pesantemente ristrutturati dai successivi proprietari. Al tardo barocco possono essere ascritti gli affreschi di una delle sale, dipinti con motivi a grottesche come si usava nei piani nobili delle case di fine ‘700.
Nel museo sono raccolti principalmente i reperti provenienti dagli scavi condotti, a partire dagli anni ’70 del novecento, nei due siti maggiormente significativi dell’evoluzione storica del territorio comunale e in generale della Sabina Tiberina: Cures, antico abitato sulla riva sinistra della media valle del Tevere e capitale storica della Sabina, ed Eretum, nel territorio di Montelibretti, l’insediamento sabino che ci ha fornito i preziosi corredi provenienti dalla necropoli di Colle del Forno
Italia centrale antica – da Muzzioli
CASTRUM DE FARA
La fondazione
Il castello di Fara nasce nella prima metà del X secolo su impulso di una famiglia o di un gruppo parentale dell’aristocrazia locale, nell’ambito di quel complesso fenomeno definito dagli storici “incastellamento”. Nel 1007 un Leo de Fara, che sottoscrive come teste un documento di affitto di beni farfensi, è certamente un esponente della famiglia aristocratica che in quell’epoca detiene il controllo castrense. Solo a partire dalla metà dell’XI sec. l’abate Berardo I riesce a condurre il castrum sotto il controllo dell’Abbazia di Farfa (1050). Circa venti anni dopo il castello risulta occupato da Rustico, membro della potente famiglia dei Crescenzi Ottaviani, cacciato senza grande fatica nel 1082 dall’imperatore Enrico IV che, ospite a Farfa e su richiesta dell’abate, inviò il suo esercito per restituire Fara al dominio abbaziale. Alla partenza dell’imperatore, Rustico rioccupò il castrum e, solo dopo due anni, si raggiunse un compromesso che permise all’abbazia di rientrare stabilmente in possesso della signoria castrense. Rustico rinunciò ad ogni pretesa sul castello ed in compenso ottenne terre nel castello di Corese e nel territorio di Canneto.
L’abitato
Del nucleo più antico del castello (X secolo), sviluppatosi sulla sommità del munte Buzio, non rimangono tracce. I primi edifici databili sono di XIII – XIV secolo e riconducibili allo sviluppo verso il basso dell’abitato che si adattò necessariamente alla morfologia del terreno. Sono case e case torri, alcune ancora visibili nelle murature costruite in piccole bozze squadrate di calcare locale e aperture in travertino e mattoni. A partire dal XV secolo si costruiscono case con bottega al piano terra per ospitare le famiglie di artigiani venuti a lavorare per l’abbazia. Edificate perlopiù nella zona meridionale dell’abitato che nei documenti cinquecenteschi è nota come Piazza Porcina, oggi Piazza Garibaldi, evidente indicazione di un’area già adibita a mercato.